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27.04.2022

Idrogeno e Ammoniaca, la rivoluzione verde


Dopo essere stato protagonista, negli ultimi decenni, di ondate cicliche di grande entusiasmo e profondo scetticismo, l’idrogeno si è ora indiscutibilmente affermato come elemento chiave per il raggiungimento dell’ambizioso obbiettivo di emissioni nette di carbonio zero entro il 2050.
 

L’Idrogeno come vettore energetico


Gli esperti del settore prevedono che entro il 2050 l’idrogeno soddisferà circa il 20% del fabbisogno energetico mondiale, rispetto a meno dell’1% di oggi.
L’idrogeno (H2) è un vettore energetico che in grado di immagazzinare e fornire grandi quantità di energia per unità di massa senza generare emissioni di CO₂ durante la combustione. È l’elemento più semplice e più abbondante del Pianeta e del Sistema Solare, ma è raramente disponibile allo stato libero e molecolare (H2), perché presente in combinazione con altri elementi chimici. L'immagazzinamento rappresenta un punto fondamentale nello sviluppo di un'economia dell'idrogeno. La maggior parte della ricerca sull'immagazzinamento punta ad una diminuzione del volume di stoccaggio, per applicazioni mobili, e in questo scenario una molecola può giocare un ruolo fondamentale è l’ammonica.
 

Il ruolo chiave dell’ammoniaca


L’ammonica (NH3) è una molecola a cui la natura ha conferito attributi che sembrano renderla un prodotto perfetto per una futura economia dell’idrogeno. L’ammoniaca ha infatti una densità di energia maggiore rispetto persino dell'idrogeno liquido (8,5 MJ/L). Inoltre, l’idrogeno liquido deve essere immagazzinato a condizioni criogeniche di -253 °C, mentre l'ammoniaca può essere immagazzinata a -33 °C. È molto meno energivora quindi e, sebbene pericolosa da maneggiare a causa della sua tossicità, è molto meno infiammabile dell'idrogeno.
Grazie a un secolo di utilizzo dell’ammoniaca come composto alla base dei fertilizzanti in agricoltura, esiste già una vasta infrastruttura logistica. In tutto il mondo vengono prodotti circa 180 milioni di tonnellate di ammoniaca ogni anno e 120 porti sono dotati di terminali per l’ammoniaca. L’ammoniaca quindi può essere sia un buon mezzo per l’accumulo di idrogeno, sia un combustile essa stessa, con una logistica tecnologicamente matura e disponibile a livello mondiale. Basti pensare che l’ammoniaca come combustibile è una delle tecnologie individuate per realizzare ed esercire commercialmente, in tempi abbastanza brevi, le navi prive di emissioni dannose per l’ambiente, chiamate ZEV (Zero Emission Vessels, unità navali a emissioni nulle).
La sfida posta in campo dall’ammoniaca è come produrla e come riconvertirla, nel caso, in idrogeno utilizzando le rinnovabili come fonte di energia per questi processi, in modo da creare un circolo energetico virtuoso senza emissione di CO2. Vale la pena ricordare che la sintesi dell’ammoniaca in maniera tradizionale è responsabile per un miliardo di tonnellate di CO2 di emissioni annue, quasi il 3% del totale, quindi anche il solo produrla in maniera “verde” offre un immediato vantaggio in termine di decarbonizzazione. Sono numerose le imprese che stanno sviluppando la cosiddetta ammoniaca verde, quella cioè in cui l'idrogeno derivato da elettrolisi dell’acqua alimentata da energia rinnovabile sostituisce l’idrogeno a base di idrocarburi, rendendo la produzione praticamente priva di anidride carbonica.
Ulteriori processi produttivi sono in via di sviluppo. A titolo di esempio, il gruppo americano NHThree ha ideato un nuovo metodo di sintesi dell’ammoniaca che si sviluppa in un piccolo reattore alimentato da un lato con azoto estratto dall’aria, e dall’altro con acqua. A separare le due parti una membrana ceramica che consente il passaggio dei soli protoni (nuclei di idrogeno). Scaldato a 550 °C ed eccitato da un campo elettrico, l’idrogeno si distacca dall’acqua, migra verso il settore dell’azoto, dove, grazie a un catalizzatore, si combina con questo a formare NH3. Oltre all’ammoniaca la reazione produce solo ossigeno, che può essere venduto a parte, e consuma 7500 kWh di elettricità per ogni tonnellata di NH3 prodotta.
Anche l’Italia sta fornendo il suo contributo, ad esempio nella persona di Federico Bella, docente di fondamenti chimici delle tecnologie del Politecnico di Torino, a capo del progetto europeo SuN2rise – Solar driven electrochemical nitrogen fixation for ammonia refinery (2021-2026), il quale intende ridisegnare il processo di produzione di ammoniaca mediante l’elettrochimica operando a 25 °C e a un’atmosfera di pressione, abbinando la produzione di elettricità da fotovoltaico alla conversione dell’azoto atmosferico. Il gruppo di lavoro svilupperà elettrocatalizzatori nanostrutturati in grado di destabilizzare la molecola di azoto, sistemi polimerici per la conduzione degli ioni litio e rigenerazione di questo metallo (noto per la sua capacità di reagire con l’azoto) e reattori elettrochimici su scala di laboratorio per condurre il processo.

Da ammoniaca a idrogeno a zero emissioni


Infine un accenno al processo inverso, ovvero di come “recuperare” l’idrogeno accumulato nella molecola NH3.
La conversione da ammoniaca a idrogeno secondo i metodi tradizionali ha bisogno di temperature che si aggirano intorno ai 500-600°C. Valori elevati che possono essere facilmente raggiunti sfruttando l’energia termica prodotta a partire da combustibili fossili, ma poco compatibili con l’utilizzo di fonti rinnovabili. Il processo ideato dai ricercatori della Northwestern, invece, funziona a meno della metà di questa temperatura, circa 250°C. In questo modo, quindi, si ottiene un idrogeno dall’ammoniaca che può essere realmente definito verde perché a emissioni basse o zero.
La chiave di questo processo è l’aver scelto un approccio ibrido termo-elettrochimico. Come primo passo, il team ha realizzato una cella elettrochimica dotata di membrana a scambio protonico. Al sistema ha quindi integrato un nuovo catalizzatore capace agevolare la decomposizione dell’ammoniaca a bassa temperatura. Il dispositivo spezza termicamente le molecole di NH3 rilasciando azoto e idrogeno. Quest’ultimo subisce una reazione di ossidazione all’interno della cella producendo elettroni e protoni. Grazie alla speciale membrana, i protoni sono separati dagli altri elementi e, una volta dal di là del setaccio, sono ritrasformati in idrogeno tramite l’aggiunta di elettroni. In questo modo fornendo nuova ammoniaca si può procedere praticamente a ciclo continuo.
 
Questa breve riflessione sull’ammoniaca ha lo scopo di provare a spiegare l’enorme interesse a livello mondiale che questa sostanza sta suscitando, con importanti investimenti da parte di giganti del settore energetico tra quali ad esempio compare Saudi Aramco. L’ammoniaca green prodotta in Arabia Saudita da Air Products e Saudi Aramco, nell’ambito del maxi-progetto Neom che prevede la creazione di un hub dell’idrogeno verde da 5 miliardi di dollari, potrebbe arrivare anche in Italia, nell’area di Porto Marghera.
 
(Thanks to: Mauro Rigo)
 
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